Visioni di genere – di Lilith Primavera
23 Dicembre 2021
Un paio di settimane fa sono stata invitata alla proiezione in anteprima delle prime due puntate di una nuova serie dell’universo Marvel prodotta per Disney+, la piattaforma su cui uscirà anche Le Fate Ignoranti, la serie di Ferzan Ozpetek in cui ho uno dei i ruoli principali. Da qui l’invito a quella proiezione al cinema The Space, di fronte alla fontana delle Naiadi, dove Anna Magnani nel 1960 aspettava, nel suo nuovissimo biondo, le amicizie con cui andare a festeggiare la vigilia di Capodanno, in Risate di Gioia.
Sono scesa dal taxi incantata dalla neve spruzzata tra i giochi di luce e i megaschermi disposti all’ingresso del cinema, mentre artisti di strada facevano roteare fuochi in aria e una crew di ballerini si prodigava in capriole volanti, proprio con la destrezza di certi supereroi che racconta la Marvel! E esattamente come i due protagonisti di questa nuova serie: Clint Barton (nome da supereroe Hawkeye, che dà il titolo alla serie) e Kate Bishop. Quest’ultima è una giovanissima donna che da bambina ha deciso di diventare come quell’Avenger che ha salvato a lei e a milioni di newyorkesi la vita. È cresciuta studiando le arti marziali e adesso si ritrova proprio al fianco di quel suo idolo d’infanzia. Ed ecco che anche lei, che non ha superpoteri roboanti se non una grande forza di volontà che l’ha portata ad eccellere nei combattimenti, diventa una super eroina.
Questi racconti, che siano su carta come nei fumetti o sugli schermi come nei film e nelle serie TV, ci mostrano che ogni nostra differenza, ogni nostra unicità, rientra in un quadro più ampio di vita condivisa e che ognuno può contribuire, con le sue caratteristiche più o meno speciali, vistose o no che siano, a renderla, questa vita, più bella per chiunque. O anche orribile, se vuole essere un super villain.
Negli anni, tante produzioni “di genere” (superhero, sci-fi , fantasy, spy, horror, ecc… ) hanno dato spazio a tanti “generi” di persone. Per prime hanno ospitato ruoli primari scritti apposta per raccontare soggettività che non fossero canonicamente cisgender, favorite da tutto quel portato di inclusività dato da incontri con specie aliene di mondi e galassie lontissime, realtà parallele a cui accedere attraverso armadi magici, mutazioni genetiche inaspettate o cercate e così via.
Il 7 dicembre è uscita su Netflix la seconda stagione di una serie animata che ha una matrice diversa rispetto alle produzioni cui ho accennato finora. Una serie che vira verso l’assurdo, catapultandoci da un mondo di guerre, durezza e fatica in quello – tutto da proteggere, anche grazie alla magia – di centauri deliranti dotati di individualità che potrebbero sembrare, e forse sono, antieroiche, supportate da poteri ridicoli, ma che mostrano, facendoci ridere e commuovere, tutte le idiosincrasie con cui ognuno di noi, in un modo o nell’altro, prima o poi deve fare i conti. Date un’occhiata a Centaurworld!
A proposito delle produzioni di genere, sto guardando anche la più recente stagione di American Horror Story (la decima!), che tra gli autori vanta il Ryan Murphy di Pose, la serie TV che ha fatto storia impiegando tantissime attrici trans per raccontare il mondo delle House newyorkesi della fine anni ‘80 del secolo scorso. Il Ryan Murphy che ha scritto una pletora di serie con personaggi e trame che scardinano tantissimi stereotipi, così, en passant. E questa è la seconda stagione di American Horror Story in cui vediamo tra i personaggi principali la talentuosa Angelica Ross, la prima attrice dichiaratamente nata maschio ad interpretare un ruolo che non sia connotato come “trans”. “Dichiaratamente” perchè altre hanno avuto la fortuna e le doti per intraprendere carriere in vista senza fare coming out come donne trans. Se lo avessero fatto avrebbero continuato a lavorare? Sarebbero state trattate ancora “semplicemente” come donne o avrebbero subito i vari stigma riservati alle donne trans? Come se quelli legati all’essere “donna” non bastassero…
Ora, se siete arrivate/i a leggere fin qui, vi saluto con un altro consiglio per una serie di genere che ho appena terminato di guardare: What We Do in the Shadows. Perché i vampiri, si sa, sono oltre ogni “genere” e questa produzione esagera mostrandoceli in una quotidianità irriverente attraverso l’escamotage del finto docu-reality.
Tanti saluti e buone visioni!
Lilith Primavera dice di sé: “Se fossi uno sketch, mi disegnerei come una pianta d’appartamento (per esempio un ficus benjamin), in un vaso, con piccole radici che utilizzando il buchino sotto, quello per far defluire l’acqua in eccesso, cammina affannandosi tirata al guinzaglio dal canetto lagotto Ernesto che è il mio familio da un anno e mezzo. Ma non sono una fumettista.” –> Instagram | Sito
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