Cinematografia, Intelligenza Artificiale e Gender Gap: l’incoerenza di un sistema
che accresce il divario
26 Ottobre 2020
L’uso dell’intelligenza artificiale (dall’inglese Artificial Intelligence, di seguito I.A.) ha aperto la strada a nuovi paradigmi sociali e lavorativi. Una vera e propria rivoluzione digitale che porta con sé numerose perplessità.
La filiera cinematografica rappresenta sicuramente uno degli ambiti in cui l’uso di questa tecnologia ha avuto una crescita esponenziale. Uno “strumento” il cui utilizzo va ben oltre una storia raccontata sul grande schermo. Parlo di uno una tecnologia che davanti e dietro la macchina da presa sta diventando un elemento fondamentale.
È risaputo infatti, che l’ausilio dell’I.A. migliora qualitativamente un’opera e impatta sulla quantità accorciando i tempi a fronte di un’ampia mole di lavoro.
Numerosi sono i suoi utilizzi, dalla pre-produzione alla post produzione finanche la distribuzione. A tal riguardo è interessante il caso Disney.
La Major, attraverso l’utilizzo del tool “GD-IQ” (ideato dell’attrice Geena Davis), ha deciso di ricorrere all’I.A. con l’obiettivo di immettere sul mercato prodotti “più inclusivi“. Si tratta di un algoritmo che consente l’analisi delle sceneggiature al fine di prevenire eventuali gap di genere. Il software, bilanciando la presenza dei personaggi, attua una equità di genere, e lo stesso avviene con le minoranze etniche.
Insomma, sembrerebbe che davanti la macchina da presa l’I.A. garantisca che nella filiera cinematografica e audiovisiva vi sia una maggiore inclusione al fine di azzerare o quantomeno ridurre fortemente la curva del Gender Gap.
Tuttavia, da strumento inclusivo a strumento pregiudizievole il passo è breve. Cambiando scenario, dietro la macchina da presa, tra gli uffici delle varie Major, l’I.A. si trasforma e diventa uno strumento in grado di creare una voragine di genere.
Secondo uno studio condotto lo scorso anno dalla Allen Institute for Artificial Intelligence a Seattle e sulla base del report realizzato dalla Global Gender Gap Report, la parità di genere in ambiti in cui sono richieste competenze informatiche e tecnologiche, tra cui anche la cinematografia e l’audiovisivo, si raggiungerà tra 118 anni.
La prospettiva dello studio ci mostra la doppia faccia dello stessa medaglia. Se da un lato questa tecnologia abbatte gli stereotipi accorciando il divario di genere, dall’altro sembra prospettarsi una retrocessione. Allo stato attuale, infatti, in settori più innovativi e all’avanguardia in tema di tecnologia e intelligenza artificiale, […] solo il 22% dei professionisti su base mondiale è di sesso femminile contro il restante 78% maschile.
Tutto questo perché numerose dinamiche “aziendali” avvengono sulla base di modelli di progettazione che penalizzano le donne. Non sorprende che in un futuro non troppo lontano il loro ruolo dietro la macchina da presa o negli uffici ai piani alti sarà sempre più condizionata dall’I.A..
In conclusione il rischio da scongiurare è che il Gender Gap degeneri fino a diventare difficile da contenere. È così, mentre le Major ci presentano prodotti sempre più inclusivi, a telecamere spente potremmo ritrovarci a vivere vecchie dinamiche maschiliste avallate da algoritmi istruiti sulla base di dati viziati da pregiudizi e stereotipi.
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